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Quartet, la vecchiaia non è roba da femminucce

Sorprendente esordio alla regia per  Dustin Hoffman che a 75 anni ha diretto un opera nell’Opera. Un Brindisi alla vita, frizzante, spassoso e persino commovente per la sua genuinità. Viene voglia di essere lì. Con chi la vita, tra allegri vivaci, maestosi e tristi, l’ha  saputa vivere con brio.  Passeggiare nel verde lussureggiante che circonda Beecham  House (la casa di riposo) con quella sagoma di Wilf (Billy Connoly), sempre a  fare il cascamorto con la dottoressa Cogan (Sheridan Smith), ascoltare le lezioni di Reggie (Tom Courtenay) e  scoprire che l’opera non è poi così diversa dall’hip-pop.  Sono anziani giovanili, ognuno col suo carattere e la propria personalità.
“La vecchiaia non è roba per femminucce” diceva Bette Davis,  qui presa in causa da Cissy (Pauline Collins) contro Jean (interpretata da una Maggie Smith perfettamente calata nella parte), la “nuova arrivata” nonché ex componente di questo Quartetto che, optando per una carriera solista, portò alla scissione.
Il suo arrivo alla casa di riposo creerà non poco scompiglio, soprattutto nell’animo di Reggie, un tempo suo marito, ma la proposta di riportare in scena  il terzo atto del Rigoletto, “Bella figlia dell’amore”, al Galà annuale della nascita di Giuseppe Verdi, sarà l’occasione per Cissy, Wilf, Reggie e Jean di rimettersi in gioco come star del belcanto, risvegliando una passione comune e un amore mai sopito.

Picasso sosteneva che “ci si mette molto tempo per essere giovani”, Quartet ne è una chiara dimostrazione.

Ernesto Brusati

Quartet

Regia: Dustin Hoffman. Sceneggiatura: Ronald Harwood. Fotografia: John De Borman. Montaggio: Barney Pilling. Interpreti: Maggie Smith, Albert Finney, Billy Connolly, Pauline Collins. Origine: GB, 2012. Durata: 98′.

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