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Si è spento Jean-Louis Trintignant

Sembrava avere un volto da principino Jean-Louis Trintignant, anche in vecchiaia, anche quando sullo schermo, a più di ottant’anni, sotto la guida di Michael Haneke, maestro nel vestire gli attori con personaggi fatti su misura, aveva dialogato con la malattia e la morte, in due film che sono incerto se riguardare adesso, con l’emozione in corpo: Amour (2012) e Happy End (2017).
Alla notizia della scomparsa a novantuno anni, mi è sembrato di rivedere di corsa il volto di Trintignant, gentile e profondo, volare sulla storia del cinema europeo, lungo l’asse Parigi-Roma: Vadim e Lelouch, cruciale il primo a inizio carriera (Et Dieu… créa la femme, 1956) e il secondo per la consacrazione internazionale (Un uomo, una donna, 1966, Gran Prix a Cannes e Oscar come miglior film straniero). Dieci anni in cui non mancano set importanti, quello di Risi (Il sorpasso, in un ruolo indimenticabile a fianco a Gassman), quello dell’immenso Abel Gance (La battaglia di Austerlitz, 1960), ma anche Zurlini, Clouzot, Costa-Gavras.
Si presterà in seguito ai registi della Nouvelle Vague, Chabrol, Rohmer, Truffaut, poi Clement, il ruolo di spia fascista ne Il conformista di Bertolucci, e volto assiduo nei film di Scola: mi piace ricordarlo nevrotico sceneggiatore senza idee ne La terrazza, lo stesso anno, il 1980, in cui corre la 24 Ore di Le Mans. Perché Trintignant non è stato solo attore. Come altri suoi colleghi, americani soprattutto, penso ovviamente a Paul Newman e a Steve McQueen, amava le auto e gareggiare. Passione di famiglia, perché lo zio Maurice, corridore di professione, a Le Mans aveva vinto nel ’54 con una Ferrari 375 Plus, ed era pure stato il primo pilota francese a trionfare in un gran premio di Formula 1, guidando sempre una Ferrari. Se Gassman lo avesse lasciato guidare la sua Lancia Aurelia forse non sarebbero finiti in una scarpata.. Lelouch infatti in Un uomo, una donna lo avevo messo al volante di un bolide non per niente!
Sapeva condurre decisamente bene le auto da rally Trintignant, ma è una fortuna che abbia scelto di fare l’attore, e che molti nostri registi lo abbiano voluto per interpretare personaggi italiani che non avevano nulla a che fare con gli eccessi di tanti personaggi italiani interpretati da italiani, una sorta di cortocircuito ogni volta che lo vedevi sullo schermo.
Una vita costellata anche da tanti dolori, su tutti la morte tragica della figlia Marie, uccisa nel 2003 dal compagno Bertrand Cantat (leader del gruppo rock Noir Désir), anche lei attrice di talento, più volte candidata ai César, e più volte a fianco del padre sul set. Sarà per questo che il primo film che ho avuto voglia di rivedere alla notizia arrivata venerdì 17, è Film Rosso, ultima pellicola di Krzysztof Kieślowski e terzo della trilogia dei colori della bandiera francese: il rapporto tra il giudice Kern burbero e solitario, interpretato da Trintignant, e la modella Valentine (Irène Jacob) assume sfumature vicine all’adozione improvvisa. Anche quando Marie morì quasi vent’anni fa, ripensai a Film Rosso. Suggestioni del cinema.
Non ho in casa la trilogia di Kieślowski, ma ho davanti a me il dvd di Amour.
Carico il pezzo e vado a rivederlo.

A.L.

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