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The Boy and the Beast

the-boy-and-the-beastVi ricordate Sailor Moon? Sicuramente vi dirà qualcosa Dragon Ball Z, ma anche Digimon. Ebbene Moamoru Hosoda ha lavorato in queste produzioni e di Digimon (alcuni episodi della serie e il film del 2000) ha anche curato la regia. Poi è arrivata la versione cinematografica della serie One Piece: l’Isola Segreta del Barone Omatsuri (2005) e, nel 2006, la consacrazione con La ragazza che saltava nel tempo. La carriera di Hosoda fa però il salto definitivo quando il regista inizia a scrivere soggetti e sceneggiature dei film che poi girerà. Il primo lavoro autoriale è Summer Wars, che sbanca in Giappone e arriva in concorso a Berlino nel 2010. Poi fonda nel 2011 la società di produzione Studio CHIZU, con il produttore Yuichiro Saito, e mette al mondo Wolf Children, un capolavoro che in patria porta al cinema 3.44 milioni di spettatori. Record sbriciolato nel 2015 da The Boy and the Beast, dopo un solo mese di programmazione nei cinema nipponici. E’ così che in Europa si comincia a parlare di un nuovo poeta dell’animazione giapponese, rendendo meno amaro il pre-boy_beastpensionamento di MiyazachiThe Boy and the Beast è davvero un film magnifico, capace di mettere insieme avventura magica e romanzo di formazione, disegnato magistralmente sin nei minimi dettagli.
La vicenda vede protagonista Kyuta, un bambino che dopo aver subito l’abbandono del padre, si ritrova senza la mamma, morta prematuramente. Spaventato dalla prospettiva di un affidamento agli zii, fugge di casa, perdendosi per le vie affollate di Tokyo, dove si imbatte in Kumatetsu, un orso antropomorfo che abita il regno parallelo di Jutengai, dove non ci sono umani ma solo bestie. Kyuta, dopo aver attraversato un labirinto di vicoli apparentemente chiusi, finisce nello Jutengai, adottato proprio da Kumatetsu, che vede in lui un possibile discepolo. L’orso, si sta preparando infatti alla successione del gran maestro. Tra i due si instaura il classico rapporto padre/figlio, spesso conflittuale. Passano gli anni e, quando l’apprendimento di Kyuta sembra completo, il ragazzo sente il bisogno di ritornare nel mondo degli uomini per The-Boy-and-the-Beast-Kyutaritrovare il vero padre. Nel frattempo però un’entità oscura incombe su Jutengai e non solo. Kyuta dovrà dimostrare di essere diventato un guerriero.

Sono preziose le matite di Mamoru Hosoda, efficaci nel disegnare personaggi realistici (pur nelle fattezze animalesche) e paesaggi urbani affascinanti. I due mondi sono descritti nei dettagli e diventano embrioni, luoghi di crescita fisica e spirituale, dove affinare tanto le abilità guerriere tanto le spigolature caratteriali. Hosoda mette in scena magistralmente una relazione educativa tra un maestro-padre burbero, e oltretutto inconsapevole della delicatezza del ruolo che riveste, e un discepolo-figlio inquieto e provocatore, che cresce nella reciprocità affettiva, complice la presenza di personaggi secondari ma non certo poco importanti, come un suino buddista e una cinica scimmietta convinta che un umano porti solo guai nel mondo delle bestie. Bestie che appartengono di diritto alla grande tradizione della fiaba giapponese (basti pensare al Re Scimmia), luogo di spiriti, entità misteriose, fantasmi, creature sovrannaturali che tanto spesso valicano i confini che separano i mondi. Kyuta trova così, tra questi esseri tanto simili agli uomini, una famiglia surrogata e una casa dove diventare uomo. La sua crescita è un percorso iniziatico, che si conclude con la prova suprema contro un mostro che arriva dall’inconscio di un altro essere umano cresciuto tra le bestie, quasi un conflitto tra entità che si specchiano ma che hanno scelto, una, di farsi risucchiare dal lato oscuro della forza (per dirla alla Jedi), l’altra, di controllarne gli effetti e di espellere il male.


Ma senza dubbio, ancora più interessante, è lo spaesamento dell’adolescente Kyuta, quando non può più dominare il desiderio di ritornare al suo mondo: ritrovare il padre è ritrovare la matrice generativa, ma anche moltiplicare gli specchi per decifrare un’identità che si è sdoppiata anni prima; innamorarsi è l’ipotesi di un trasferimento definitivo, come un uomo cresciuto nella giungla restituito alla civiltà. Che fare del mentore? Un maestro prima o poi bisogna ucciderlo. Ma Kumatetsu, personaggio indimenticabile per il pubblico, è stato mentore suo malgrado: la relazione educativa non ha mai avuto una sola direzione, maestro e discepolo si sono vicendevolmente educati, in un reciproco dare e ricevere, che è poi il segreto di ogni rapporto umano.
Così The Boy and the Beast si trasforma in un saggio poetico sulla difficoltà di essere bambini senza padri e poi bambini adottati, che diventa uno sguardo dall’alto sul precipizio che sembra essere l’adolescenza, per poi definire le coordinate della genitorialità e, infine, una riflessione sul senso della vita.
Tutto il resto è pura avventura animata!

Alessandro Leone

The Boy and the Beast

Soggetto, sceneggiatura e regia: Mamoru Hosoda. Direttore dell’animazione: Takaaki Yamashita, Tatsuzo Nishita. Musiche originali: Masakatsu Takagi. Origine: Giappone, 2015. Durata: 119′.

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