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The Whaler Boy: una perla nascosta da Venezia 77

Vincitore delle "Giornate degli Autori" 2020, sbarca alle "Vie del Cinema" di Milano.

La Čukotka è un circondario autonomo nell’Estremo Oriente Russo, in prossimità dell’Alaska. Con una superficie di circa 720.000 km², conta poco meno di 50.000 abitanti, di cui circa 15.000 vivono nella capitale Anadyr’. Leshka è un adolescente ciukcio che vive in un villaggio sperduto che si affaccia sullo Stretto di Bering che divide la Russia dagli Stati Uniti. Qui la popolazione vive di stenti, dedicando la propria giornata alla caccia alle balene, unica economia della zona e principale fonte di sostentamento. Da poco nel villagio è arrivata la connessione a internet, conforto per i ragazzi della zona che entrano in contatto con la cultura americana e danno sfogo alle proprie pulsioni sessuali attraverso una videochat erotica. Per tutti sembra essere poco più che un passatempo divertente, mentre l’incontro di Leshka con la modella virtuale HOLLYSWEET_999 sconvolgerà interamente la sua vita.
Questo è l’incipit di Kito Boy (The Whaler Boy) di Philipp Yuryev, vincitore della 17^ edizione delle Giornate degli Autori, rassegna autonoma all’interno della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, sul modello della prestigiosa Quinzaine des Réalisateurs di Cannes.
Girato in un caratteristico 4:3, il film racconta i tipici problemi adolescenziali legati allo smarrimento dovuto ai cambiamenti fisici, la solitudine, il desiderio di trovare l’amore, il timore di non essere all’altezza e il sentirsi incompreso. Proprio esperienze del genere rendono questa storia universale. “L’idea del film – racconta il regista – mi è venuta durante un viaggio nell’estremo nord della Russia. Arrivati in un piccolo villaggio di pescatori, notammo che le donne più giovani erano partite per frequentare le scuole estive in città. Quell’esodo fu una vera tragedia per i ragazzi locali che dovettero trascorrere tre lunghi mesi da soli. Di fatto, circondati da una tundra senza fine, quei giovani furono totalmente abbandonati dalle donne, anche perché le ragazze del villaggio più vicino non potevano spostarsi per una semplice visita. La connessione alla Rete era scadente. L’unico modo per osservare delle ragazze era una videochat erotica che peraltro si interrompeva spesso. È stato proprio in quel momento che ho scritto la prima versione di questa storia. Ho deciso di trasferire la storia a Čukotka, in un piccolo villaggio popolato da cacciatori di balene”.

I paesaggi sconfinati e desolati di questa regione nascosta del globo si fanno protagonisti della storia, metafora dello stato d’essere del giovane Leshka, alla scoperta della vita e alla ricerca di un mondo diverso, distante da casa, dove le sconfinate praterie vengono sostituite da colossali metropoli fatte di grattacieli e disseminate di McDonald’s. È proprio la cultura americana a invadere prepotentemente la pellicola attraverso la tinta pink e i caratteri pop dei titoli d’apertura e la colonna sonora dove fanno capolinea la voce di Johnny Cash con The Story of a Broken Art e quella sensuale ed eterea di Julee Cruise, accompagnata dalle musiche di David Lynch e Angelo Badalamenti, con la sua Rockin’ Back Inside My Heart. La solitudine e apparente tranquillità della cittadina di Twin Peaks sembrano riversarsi in questo villaggio, tanto distante quanto simile, in cui l’apparente tranquillità della vita dei pescatori e del nostro Leshka sono sconvolte, da una parte, dal prepotente arrivo globalizzante della rete internet e, dall’altra, della nascita di un amore impossibile distante 7000 km. Il nostro protagonista si troverà quindi di fronte a un bivio importante: avventurarsi verso la terra della fortuna e abbondanza chiamata America o rimanere nelle coste deserte e sperdute Russe, dove, però, risiedono tutti suoi affetti del suo villaggio natale.
In entrambi casi, domina un futuro incerto.
Il film ha alle spalle una storia lunga sette anni in cui il regista ha lottato per la ricerca dei fondi necessari al completamento di questa sua opera d’esordio, riuscendo a coinvolgere produzioni eterogenee e distanti tra loro come la Polonia (Polish Film Institute), Belgio (Shelter Prod Centre du Cinéma et de l’Audiovisuel de la Fédération Wallonie) e Russia (The Foundation for development modern cinematography KINOPRIME).
La Giuria presieduta dall’Orso d’Oro Nadav Lapid e composta dai partecipanti al programma 27 Times Cinema del Parlamento europeo, ha scelto Kito Boy come miglior film delle Giornate degli autori 2020 con le seguenti motivazioni:
La giuria ha ritenuto che Kitoboy di Yuryev fosse la prova cinematografica migliore, combinando il genere drammatico e quello comico, pur mantenendo una forte visione estetica. Questa opera prima del regista è una storia di coming-of-age che ritrae un mondo mai esplorato prima con tanta precisione e sapienza filmica. La decisione di avvalersi di attori non professionisti ha conferito maggiore autenticità e la giuria ha ritenuto che questo film meritasse di essere premiato.
Sperando che questa perla nascosta possa trovare una distribuzione VOD o, meglio ancora, nelle nostre sale cinematografiche, prendete nota: destinazione “America, Detroit”.
Intanto, per chi è di Milano, appuntamento alle “Vie del Cinema” in cui in programma anche Kitoboy.

Samuele P. Perrotta

Kitoboy

Sceneggiatura e regia: Philipp Yuryev. Fotografia: Mikhail Khursevich e Yakov Mironchev. Montaggio: Karolina Maciejewska, Alexander Krylov e Philipp Yuryev. Musiche: Krzysztof A Janczak. Interpreti: Vladimir Onokhov
[Leshka], Kristina Asmus [ragazza americana], Vladimir Lyubimtsev [Kolyan], Nikolay Tatato [nonno], Arieh Worthalter [guardia di frontiera]. Origine: Russia, Polonia, Belgio. Durata: 94′.

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