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Third Person

Third_Person locaC’è una scena, in questo film, in cui un editore spiega al personaggio interpretato da Liam Neeson, romanziere di successo, le motivazioni che lo hanno spinto a rifiutare il suo ultimo lavoro: “Il tuo primo romanzo era stupefacente, il secondo lo era leggermente meno… il terzo, il quarto… adesso ci sono solo storie a caso di personaggi che trovano scuse nella vita…” Ecco, sembra che il cinema di Paul Haggis, regista e sceneggiatore di cose sorprendenti, trovi perfetta collocazione all’interno di questa parabola discendente. Crash – Contatto fisico (2004) era un pugno duro alla morale manichea di Hollywood, una pellicola che riportava prepotentemente i sentimenti in un contesto fatto di buoni e cattivi, e che guardava alla miglior tradizione di Paul Thomas Anderson seppur con una spruzzata aggiuntiva di buonismo; poi c’era Nella valle di Elah (2007), che univa in un unico sottilissimo filo rosso i due grandi conflitti americani degli ultimi cinquant’anni, il Vietnam e l’Iraq, l’uno specchio dell’altro a memento della storia che si ripete come tragedia e come farsa; quindi il recente The Next Three Days (2010) con Russell Crowe, dove Haggis cambia registro e punta tutte le sue carte su un thriller dal meccanismo a orologeria perfettamente congegnato. Non siamo dalle parti di Ben Affleck ma poco ci manca…

third2E adesso Third Person, questo tonfo inspiegabile, questo nadir della bruttezza che nessuno spettatore potrebbe scambiare per un film del grande regista di London, ma per una sua brutta copia. E forse è proprio così, vogliamo (dobbiamo) crederlo tutti: questo non è un film di Haggis, ma di un tizio che porta il suo stesso nome, che si fa passare per chi non è, che va in giro approfittando di quell’aria paciosa da persona perbene; e quell’attore che vediamo in uno squallido bar di Roma non è Adrien Brody ma uno che ha il suo stesso naso, e Mila Kunis assomiglia in modo sorprendente a Mila Kunis senza esserlo per davvero. Third Person era un film impossibile da sbagliare, perché c’erano tutti gli ingredienti per un suo sicuro successo. Il cast stellare lascia a bocca spalancata, tanti talenti, tanti soldi, scenografie, maestranze e location a profusione.

third3Third Person è una storia che ne contiene almeno tre dislocate in città diverse: Liam Neeson scrive il suo ultimo romanzo immerso nei lussi vergognosi di un albergo parigino. Ha appena lasciato la moglie (Kim Basinger) per giocherellare con questa sbarbatella di cui in realtà si scopre innamorato (Olivia Wilde). Non succede un cazzo per tutto il tempo, Neeson scribacchia svogliato al computer, va a zonzo per le strade della città, ruba l’accappatoio alla Wilde che è costretta a correre con le chiappe al vento per i sontuosi corridoi dell’hotel. Mila Kounis è invece una ragazzetta che lavora in un albergo di New York: deve dimostrare ai servizi sociali che è ancora in grado di prendersi cura di se stessa e di quel bambino di cui rischia di perdere l’affidamento. Il padre è Rick (James Franco) che fa di tutto per ottenere la custodia esclusiva del minore. Infine Adrien Brody è un manager americano in visita a Roma: tutto è brutto, cade a pezzi e ha un cattivo odore. Una mattina Brody entra in un bar americano dove nessuno parla italiano, qui discute con un Riccardo Scamarcio in odore di macchietta (“I want a beero, please”; “E che sta’ a di’ questo? I don’t speak English”); poi conosce una zingara (Moran Atias) che ha bisogno di cinquemila euro per riscattare la figlioletta rapita da un pericoloso boss rumeno. E naturalmente lui glieli procura, anche se il pericoloso boss rumeno ne chiede prontamente di più. Non è che i due si sono messi d’accordo per scucire denaro al turista di turno? Certo che no… Sottofondo costante di Gigi D’Alessio e Anna Tatangelo.

_MMP0923.dngIl quinto lungometraggio di Haggis è davvero penoso: ricalca Crash nel tentativo un po’ bislacco di cucire tra loro le tre storie, aggiunge musica classica per condire la minestra e dare spessore al dramma da camera, si concede inutili digressioni che dilatano il film fino alla lunghezza record di due ore e un quarto. Non soltanto la regia è stitica quanto quella di un film Asylum realizzato con più soldi, ma la sceneggiatura perde colpi dopo il primo quarto d’ora per assestarsi su un sorprendente livello di mediocrità. Si attende qualcosa che non succede, un guizzo, un barlume, un sussulto. Niente. Encefalogramma piatto. Non c’è amore, non c’è desiderio, nessuna tensione all’ideale. I personaggi dormono, pensano, fanno cose assolutamente inutili dal punto di vista cinematografico. Il che è doppiamente imperdonabile, primo perché Paul Haggis è uno dei migliori sceneggiatori americani di inizio millennio, secondo perché l’intera pellicola si riduce a un cacciucco degenerato di luoghi comuni sulle rispettive metropoli: Parigi come spazio onirico in cui trascorrere un weekend romantico, New York con i suoi casi sociali, gli eleganti edifici di vetro e metallo, la lotta per la sopravvivenza di un (neo)proletariato che si confonde con la ricchezza degli ambienti; Roma con i suoi sobborghi sudici, gli italiani che non spiccicano una parola di inglese, accattoni e bugiardi peggio dei nomadi che infestano le sue periferie. C’è anche un riferimento al razzismo tipico del nostro popolo: gli albergatori (sicuramente sporchi leghisti) si rifiutano di affittare una camera alla zingara, scatenando le ire del più giudizioso Brody. Già, perché gli americani brillano per le loro politiche di integrazione… Insomma resta l’idea di un film complesso, strutturato, corale come il miglior cinema di Haggis. Ma qualcosa nel meccanismo si è inceppato, e tutto ciò che ne viene fuori è una sgradevole pellicola sugli stereotipi. Third Person non eccelle come dramma, non si adagia sul romanticismo, corre forse alla ricerca di un’identità di genere. Che purtroppo non trova.

Marco Marchetti

Third Person

Regia: Paul Haggis. Sceneggiatura: Paul Haggis. Fotografia: Gianfilippo Corticelli. Montaggio: Jo Francis. Musica: Dario Marianelli. Interpreti: Liam Neeson, Mila Kunis, James Franco, Kim Basinger, Adrien Brody, Olivia Wilde. Origine: USA, UK, Belgio, Francia, Germania. Anno: 2014. Durata: 137′.

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