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Venezia 79: arriva da Orizzonti un film straordinario

Trenque Lauquen di Laura Citarella

Alla fine arriva a Venezia il film più straordinario del festival, produzione argentina del El Pampero Cine (quelli di La flor per intendersi) con la regia di Laura Citarella. Trenque Lauquen, presente in Orizzonti, è un film magico, affabulatore, stratificato, vero cinema che meritava il Concorso principale e non quei fortunati cinquanta spettatori di ieri pomeriggio.
Cosa racconta il film non è facile dirlo poiché quello della Citarella è cinema che cambia direzione continuamente, confonde i piani narrativi, permette allo spettatore di cercare soluzioni e conclusioni che però non servono davvero, è cinema allo stato puro nel quale è più importante farsi trasportare dalle immagini, dai suoni, dalle musiche che ti portano continuamente in altri mondi narrativi.

Laura, un’esperta botanica ormai vicina ad ottenere una cattedra importante, scompare nella campagna. La cercano Rafael ed Ezequiel, uno è il fidanzato, l’altro è un collega di lavoro che è stato in più occasioni il suo autista accompagnatore. I due uomini si mettono in viaggio e capiremo presto che entrambi la amano, ma in verità del loro amore il film dà pochissima importanza. Perché se n’è andata? Ognuno di loro nutre i propri sospetti e li nasconde all’altro che, misteriosamente, non assurge mai al ruolo di vero rivale. Nessuno dei due ha ragione: ma chi ne ha del resto?
Questa fuga improvvisa diventa il nucleo nascosto di una storia che come in una matrioska, contiene altre storie e ha bisogno della lunga durata per potersi sviluppare. Il film è diviso in due parti di circa 2 ore ciascuna. Laura sembra non voler essere ritrovata, non risponde al telefono. Attraverso la sua fuga scopriamo un’altra storia: tornando indietro nel tempo capiamo che Laura ricercava per una trasmissione radiofonica dei libri di donne scienziate, dentro uno di questi trova delle lettere, va avanti nella ricerca e scopre una relazione amorosa del passato basata su un imponente epistolario erotico nascosto dentro le pagine dei libri.
Questa donna è Carmen Zuma, una misteriosa maestra che è anche lei scomparsa negli anni ’60. Attraverso queste storie scopriremo Trenque Lauquen, nome vero di un piccolo villaggio di campagna che significa Laguna Rotonda, una cittadina scossa da un evento soprannaturale che nessuno sembra percepire. Da qui entriamo in una seconda parte del film che è magica, gli uomini scompaiono dalla narrazione a poco a poco e Laura ci porterà a comprendere i segreti della laguna. Il film entra in una dimensione futurista e utopica, capiamo come gli interessi economici arrivino anche in posti remoti come questo, non smettono mai di espandersi e di divorare tutto. Ma anche questo non è il cuore del film, sono abbozzi di storie che vengono lasciate lì a farci pensare.
Noi seguiamo Laura e il suo animo che è sempre più inquieto. Sta andando a vivere col fidanzato ma capiamo subito che è invece alla ricerca di qualcosa su se stessa. Laura è una sorta di Sherlock Holmes al femminile, sperduta nelle città e desiderosa di vivere avventure più di ogni altra cosa. Le troverà incontrando donne di diverso tipo, quelle dei libri che tanto la affascinano, quella della corrispondenza epistolare, quelle che sembrano scienziate nella seconda parte del film. Donne che inseguono donne. Donne che, per motivi diversi, fuggono.
Con loro vediamo le cartografie dei libri che diventano mappe per scoprire il proprio mondo interiore.
Il film è tutto un viaggio che non è mai da luogo a luogo ma dentro il sé, è la conquista del territorio da una parte e il capire chi si è davvero dall’altra. Trenque Lauquen è pieno di fiori e di piante, di città che forse si espanderanno, di esseri umani bizzarri e di strani animali. È pieno di mutazioni e di ignoto.
È pieno di cinema.

da Venezia, Claudio Casazza

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