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Coco

coco1Da qualche anno la Pixar non sfornava un capolavoro come il meraviglioso Coco di Lee Unkirch e Adrian Molina. Dopo diversi seguiti e alcuni lavori buoni ma non ai vertici della casa di produzione che dagli anni ’90 ha rivoluzionato l’animazione, riecco una storia originale, divertente, commovente e spettacolare, ricca di sorprese, colpi di scena e trovate dall’inizio alla fine. Peccato solo che la pellicola sia in programmazione prevalentemente in orari pomeridiani, per via del vecchio stereotipo duro da superare che lega il cinema d’animazione a un pubblico di bambini e ragazzi. Come quasi sempre nelle produzioni Pixar, ci si trova davanti a una storia con più livelli di lettura un po’ come Up!, forse un tantino ostica per i piccolissimi ma molto godibile per gli adulti. Arrivato in extremis, è uno dei più bei film dell’anno appena concluso.

coco_2Siamo in Messico, nella cittadina di Santa Cecilia. La famiglia Rivera produce scarpe da tre generazioni, tutti si occupano di questa attività e non sono ammesse distrazioni, tanto meno con la musica. Colpa di un trisavolo chitarrrista con il sogno di esibirsi in tutto il mondo che era partito senza fare ritorno a casa. Così la trisnonna aveva messo al bando ogni strumento, un divieto sempre tramandato e rispettato. Il vivace dodicenne Miguel non sembra così convinto di conservare l’usanza e si esercita a suonare di nascosto da tutti. Il giorno della festa dei morti, la nonna verifica che l’ofrenda di famiglia, l’altare dei defunti, sia addobbato di fiori e con tutte le immagini dei parenti passati a miglior vita, tranne il fuggiasco che è stato strappato dalla fotografia. Da parte sua il ragazzino ha allestito un altare speculare dedicato al suo idolo, il concittadino illustre Ernesto De La Cruz, considerato il miglior musicista al mondo. Quando Miguel coco-filmscopre che in paese, il cui nome corrisponde non a caso alla santa patrona della musica, c’è un concorso per musicisti, fa di tutto per procurarsi una chitarra, compreso provare a rubare quella mitica di De La Cruz dalla sua tomba al cimitero. Si ritroverà catapultato nell’aldilà, a incontrare tutto il parentado visto solo in fotografia e fare nuove conoscenze, ma con il problema di riuscire a tornare indietro. Dopo la premessa tra i vivi, Coco (è il nome della bisnonna in sedia a rotelle) diventa un’avventura irresistibile tra i morti.

Che il mondo dei trapassati fosse più vitale e gioioso di quello terrestre l’aveva già suggerito Tim Burton ne La sposa cadavere. Adesso ne abbiamo la riprova. I personaggi viventi sono un po’ tagliati con l’accetta, mentre gli scheletri sono a tutto tondo. Il migliore tra tutti è Hector, musicista sfortunato e dimenticato. Un personaggio struggente e dolente, al livello dell’anziano esploratore Carl Muntz di Up!: il suo rapporto con Miguel ha qualcosa di quel film e del viaggio in Brasile con il piccolo Russell.
I defunti vogliono essere ricordati dai loro cari per continuare a esistere. Oltre all’inseguire i sogni contro ogni ostacolo, per Miguel è anche una ricerca di appartenenza e di riconoscimento, accompagnato dall’amicizia con il simpatico e vivace quanto provvidenziale cane Dante. Un’avventura irresistibile all’insegna della giustizia, dell’amicizia, della musica, dei sogni e di una famiglia, che è molto importante ma intesa in senso ampio e non ristretto: “Siamo una famiglia”, concordano, ma si riferiscono a una parentela larga e dentro una comunanza e condivisione di sogni, non nel senso di una chiusura o una limitazione. Il senso di compresenza tra morti e vivi si trasforma in un’eleborazione di tutti i lutti e superamento delle perdite. C’è una fede in Coco e c’è un senso per la vita, collocato anche in una visione più serena della morte, considerata un momento dell’esistenza. I ponti di petali di fiori arancioni nell’aldilà, che consentono ai defunti di tornare in visita, corrispondono ai tappeti che i vivi stendono per terra per indicare loro il percorso.
Il film riflette sul rapporto con la tradizione, tratta l’affrontare le delusioni e come superarle per ripartire, è improntato al dialogo, alla comprensione intergenerazionale e al chiarimento di dissidi e malintesi per guardare al futuro. Tra tanti riferimenti e citazioni, non può mancare la pittrice Frida Kahlo, usata anche come travestimento dal furbo Hector e presente come scenografa delle esibizioni di De La Cruz. Ci sono echi burtoniani, ma non esagerati, e lo spirito messicano è usato molto bene senza cadere negli stereotipi, a dare ricchezza di colori e profondità di sentimenti.


Un’animazione commovente, fatta di fantasia e colore, magia e di mistero, con idee, trovate e sentimenti in ogni inquadratura, una gioia per il cuore e lo spirito. Molto belli i due concerti, che segnano anche svolte nella trama, con brani che lasciano il segno come “Ricordami”, che contiene lo spirito della pellicola, “Un poco loco”, la più allegra, e la struggente “La llorona”.

Nicola Falcinella

Coco

Regia: Lee Unkirch, Adrian Molina. Sceneggiatura: Adrian Molina, Matthew Aldrich. Fotografia: Matt Aspbury, Danielle Feinberg. Montaggio: Lee Unkrich, Steve Bloom. Musiche: Michael Giacchino. Origne: Usa, 2017. Durata: 109′.

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