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Dal MFF il Battimanista raccontato da Roberto Cicogna

Nella sezione cortometraggi del MFF Il Battimanista è il film che in qualche modo ha un vincolo di parentela con il magazine, non fosse altro che Cortisonici, legato a Filmstudio 90 di Varese, ha promosso e finanziato in parte il corto di Roberto Cicogna.
Sviluppato durante Cortisonici LAB 2011, un progetto che ha guidato alcuni giovani autori alla realizzazione dei loro primi cortometraggi, Il battimanista è infatti approdato alla kermesse milanese ben figurando nel Gruppo J della sezione.
Mockumentary di certo ironico e che non risparmia leggerezza e risate, questa è la storia di un giovane che di fronte alle insicurezze e alle assurde pretese del mondo lavorativo attuale, cerca di fare qualcosa che possa aiutarlo a distinguersi dagli altri, qualcosa che solo lui sappia fare: battere le mani per una band. È così che inizia la travolgente carriera del primo battimanista del mondo. Ne abbiamo parlato a Milano proprio con il regista.

Allora Roberto, dietro la tua prima fatica c’è di sicuro un’idea originale. Come ti è venuta in mente?
Per la verità tutto è avvenuto abbastanza casualmente. Un giorno, uno dei tanti che passavo con la mia band in sala di registrazione, dovevamo registrare una clap e ho pensato che in quel gesto semplicissimo poteva nascondersi qualcosa. Ecco l’idea. Non potevo però certo pensare subito alla realizzazione del corto, così ho passato mesi a raccogliere materiale, video personali anche di scarsa qualità, che potessero servirmi alla realizzazione del progetto. Come attore protagonista, ho subito pensato a Daniele Turconi con il quale ho studiato alla scuola di recitazione Quelli di Grock e che mi sembrava perfetto questo ruolo. Poi sono venuto a conoscenza del bando di Cortisonici, fortunatamente mi hanno scelto e soprattutto mi hanno seguito e aiutato in ogni aspetto della realizzazione del corto.

Il battimanista è di sicuro un lavoro quasi liberatorio nella sua leggerezza, ma di certo non nasconde anche una forte ironia. E l’ironia, si sa, nasconde dietro di sé sempre qualcos’altro. Cosa c’è dietro l’idea, folle per certi versi, di un giovane che si realizza semplicemente battendo le mani?
Volevo trovare qualcosa che ognuno di noi potesse fare, ma che nel contempo fosse unica. E in effetti il protagonista del corto si sente unico proprio battendo le mani nei concerti di una band, facendo qualcosa per cui non occorre alcuna specializzazione, ma a cui nessuno aveva ancora pensato. L’ironia ovviamente si trova però soprattutto nel contrasto che c’è tra la realizzazione “musicale” del personaggio e la sua precedente vita lavorativa, in cui gli si richiedevano competenze particolari (non si sa bene quali visto che viene assunto con la carica imprecisata di “addetto ai servizi generali”) in cambio di un lavoro a tempo determinato che non sarà mai rinnovato perché poco conveniente per l’azienda. In fondo, quel mondo lavorativo rappresenta un po’ il destino di tutti i giovani d’oggi, ma la storia del primo battimanista della storia è proprio per questo anche quella di chi decide di buttarsi, di continuare a sperare e, ancor più, a sognare.

Quali sono state le difficoltà che hanno accompagnato la realizzazione del tuo cortometraggio d’esordio?
La difficoltà più grande è quella che caratterizza sempre la realizzazione di un mockumentary, quella cioè di rendere realistica la storia che si decide di raccontare. L’idea di inserire uno sguardo anche sulla precedente vita lavorativa del protagonista serve anche proprio a dare verosimiglianza alla storia. Una difficoltà più “pratica” è stata invece quella di organizzare il concerto finale, dove, suonando, non ho potuto occuparmi io direttamente delle riprese. In quell’occasione fondamentale è stato l’aiuto di Mattia Puelo, altro giovane regista che ho conosciuto sempre in occasione di Cortisonici.

L’”irrealtà realistica” della storia, nella sua leggerezza, non lascia indifferenti. Hai ormai assistito a diverse proiezioni del tuo primo cortometraggio. Quali sono state le reazioni più frequenti e quelle che ti hanno colpito di più?
Di certo il fatto che moltissime persone mi hanno chiesto se davvero quel ragazzo nella vita facesse il battiminista, una reazione che mi rende sempre contento perché significa che la ricerca della verosimiglianza di cui parlavo prima è riuscita.

Questo è il primo festival a cui partecipi. Che impressione ti ha fatto questo primo contatto concreto con il mondo del cinema?
È stata un’esperienza bellissima: si ha a che fare tutti i giorni con registi e attori provenienti da ogni parte del mondo, ci si confronta con molti giovani che come me sognano di restare nel mondo del cinema. Per la verità, essendo io milanese, vivo questi giorni anche con un po’ di stress, con l’ansia del giudizio di persone che mi conoscono…

Progetti e speranze per il futuro?
La speranza più forte è quella di continuare a fare cinema, il progetto più concreto è ancora in fase embrionale: vivendo a Parigi, sto raccogliendo un po’ di materiale in giro per la Francia. L’idea è quindi quella di continuare a riprendere dal vivo, ma di riuscire poi a raccontare una vera e propria storia, cioè di continuare a usare il linguaggio del documentario in una storia di finzione. Il risultato lo potrete vedere in futuro.

a cura di Luca Scarafile

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