RecensioniSlider

L’estate addosso

salto-nel-vuotoLe città tappezzate di poster, i comunicati radio frequenti. Per non parlare dei banner, monopolizzati da un’unica locandina: L’estate addosso. Nel giorno della “rivoluzione” di fruizione dell’offerta cinematografica italiana, passa inosservata l’ultima opera firmata da Gabriele Muccino. La triste notizia è che l’anticipo dell’uscita del film dal 15 al 14 settembre, l’operazione di marketing, penalizza il prodotto. Infatti, se mi chiedessero cosa succede oggi, avrei un’unica risposta: Cinema2Day. Dell’uscita del film quasi non me ne accorgo.
Il film è un’ordinaria e impolverata storia di adolescenza. Marco (Brando Pacitto) è un diciottenne di Roma, che vive in un appartamento dai soffitti alti e frequenta una scuola internazionale. Ha appena sostenuto la maturità, quando rimane vittima di un incidente in motorino. Ricevendo un risarcimento dall’assicurazione, decide di impiegare la piccola matilda-lutz-in-primo-pianosomma per raggiungere oltre oceano il suo amico Vulcano. Lui è partito da qualche settimana, è in California, ma sembra già essere il padrone dell’America. Chiede a conoscenti di San Francisco di ospitare il suo amico italiano. Marco compra il volo, ma si ritrova a partire con Maria (Matilde Lutz), sua ex compagna di classe, definita “la suora”. Lei è un prodotto di pudicizia e conservatorismo di altri tempi – tutt’altri tempi che i nostri – un colletto bianco stretto e fastidioso. I due ragazzi vengono ospitati da Matt (Taylor Frey) e Paul (Joseph Haro), classica coppia gay di Frisco, che fa velocemente esplodere il bigottismo dei due ragazzi romani in favore di un istinto “rivoluzionario e moderno” – normale, per intenderci.
Varie sono le vicende che rafforzano la nuova insipida amicizia tra i quattro ragazzi, che alle volte viene pennellata da istinti ormonali adolescenziali – straight e non. Al di là delle messe in scena, a chi stiamo parlando? Di chi stiamo parlando? Il tema della narrazione è quello di una “conversione sociale” che poteva avere un senso, forse, vent’anni fa. Non a caso Muccino ammette di aver portato al cinema una vicenda biografica. Io, che scrivo, appartengo alla generazione del film. Appunto perché faccio parte di quella generazione, mi sarei aspettato tutt’altro che un punto di arrivo per me già scontato. Non ho bisogno di capire che gay non significhi “sbagliato”, non ho bisogno di scoprire l’America come unica e controversa terra di opportunità. Non vorrei nemmeno perdere tempo rimanendo a guardare dei coetanei che si spaccano in vacanza, e rientrano in Italia soffocando ogni loro sincera aspirazione. Il messaggio corretto non cresce. Vorrei sentirmi dire che vivere nel mio paese è interessante e stimolante, che non sono obbligato a rientrare ricordando un’estate che sì, mi ha cambiato, ma che decido rimanga solo un ricordo lontano. Forse non è nemmeno utile riporre speranze su un regista che ha abbandonato la sua Italia per Los Angeles.


A Gabriele bisogna comunque dire grazie, perché il personaggio di Maria è veramente scritto male, ma Matilde Lutz è talmente bella da farcelo dimenticare. Forse il suo sorriso è riuscito a farci dimenticare tutta questa grande farsa, della quale non spenderò altre parole, se non sperando che compiaccia almeno quell’America che ci vede ancora come cinquan’anni fa: Fellini, De Sica, Sofia Loren.

Maurilio Tidano

L’estate addosso

Regia: Gabriele Muccino. Sceneggiatura: Gabriele Muccino, Dale Nall. Fotografia: Paolo Caimi. Montaggio: Valentina Brunetti. Musiche: Jovanotti. Interpreti: Matilde Lutz, Brando Pacitto, Taylor Frey, Joseph Haro, Jessica Rothe. Origine: Italia/USA, 2016. Durata: 103′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close