Roma 2012

Festival del Film di Roma 2012: giorno 6

Tris di prime oggi per me. Uno di quei tour de force che ti lasciano stordito ma che nel corso di un festival non puoi non concederti. Cominciamo da Ixjana, dei fratelli Skolimowski, figli del più noto Jerzy. In pratica le peripezie di un giovane scrittore (la versione polacca di Gabriel Byrne) tra sogno e memoria, realtà e finzione letteraria. L’ironia non manca, si beve molto, si parla di magia nera e del mito di Faust. L’impressione però è che al di là di tutto questo via vai sotto ci sia ben poco. E’ un’opera giovanile, difficile dire se i due figli d’arte abbiano talento o meno. Si vedrà. Per ora, bocciati. Esco fuori, ma solo per rientrare poco dopo. Stasera si mangia in fila, si scrive in fila. Ma il prossimo evento è imperdibile: ci saranno Walter Hill, il maestro del western urbano, e nientepopodimeno che Sylvester Stallone. Müller in persona consegnerà a Hill il Maverick Award, premio dedicato ai registi ‘irregolari’. E il film, Bullet to the head, com’è? Molto godibile. Diviso equamente tra azione e battute memorabili di uno Sly in gran forma. Hill (classe 1942) non dirigeva per il cinema dal 2002, ma non ha perso lo smalto, tutt’altro. Ripropone una strana coppia poliziotto-criminale alla ’48 ore’ e riesce a rendere divertente persino l’inevitabile duello finale. Sui crediti tanti applausi meritati per questi due autentici miti di Hollywood. Ma per me non è finita. Non ancora. Mi aspetta il mio secondo film italiano in concorso, E la chiamano estate di Paolo Franchi. Non conosco le opere precedenti di questo autore ma il cast internazionale mi incuriosisce. Il film è il ritratto di un uomo torbido e affascinante, che riesce a fare sesso con chiunque tranne che con la donna che lo ama alla follia e che anche lui ama. Jean-Marc Barr è perfetto per questo ruolo, e regge il film praticamente da solo, la Ferrari ancora bellissima, carnale e ideale come una vera Musa. A me il film è piaciuto, una sorta di Shame all’italiana, anche se mi rendo conto che poteva essere irritante. Molte persone hanno cominciato ad abbandonare la sala già dopo mezz’ora. A un certo punto una signora ha reclamato a gran voce il prezzo del biglietto, scatenando gli applausi. Da allora mormorii, insofferenza, risate di scherno. Tutta questa indignazione mi sembra davvero una mancanza d’ironia. Tanto più che sul finale l’applauso parte comunque. Piccolo saggio di ipocrisia italiana.

da Roma, Mauro Coni

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