oltreconfine

Insensibles

InsensiblesPoster.aiOltreconfine: i film che non ci fanno vedere

 Insensibles

 Titolo originale: Insensibles. Regia: Juan Carlos Medina. Sceneggiatura: Luiso Berdejo, Juan Carlos Medina. Fotografia: Alejandro Martínez. Montaggio: Pedro Ribeiro. Musica: Johan Söderqvist. Interpreti: Álex Brendemühl, Derek de Lint, Ilias Stothart, Tómas Lemarquis. Origine: Spagna. Anno: 2012. Durata: 100 min.

L’inizio è agghiacciante: due bambine si incontrano nel bosco, di notte, per giocare con il fuoco. Una delle due si incendia il braccio, solleva meravigliata l’arto in fiamme e allunga l’olio di una lampada alla sua amichetta. “Farà male?” chiede la bambina, che nel frattempo si cosparge di olio. “Assolutamente no” risponde l’altra. Invece non è così, il fuoco fa male e presto le due ragazzine finiscono arse vive dalla loro stessa superficialità. Stacco di montaggio. In una Spagna anni trenta, una donna cerca disperatamente un bambino capriccioso che è andato a nascondersi da qualche parte. Gira e rigira, lo trova rincantucciato in un vecchio capanno, tra le ombre, intento a mangiarsi un braccio come un cannibale. Stacco di montaggio: ai giorni nostri, un chirurgo (Álex Brendemühl) finisce per schiantarsi con la macchina, la moglie muore, il bambino che porta in grembo si salva per il rotto della cuffia e il medico, uscitone illeso, scopre di avere pochi mesi di vita. Non si era accorto di avere la leucemia perché, nemmeno lui, sentiva dolore. Proprio come le bambine che si divertivano con il fuoco molti anni prima, e il loro compagno che si masticava l’avambraccio. Cosa lega tutti questi “insensibili” tra loro, che rapporto intercorre tra una sparuta colonia di villici della Spagna sull’orlo della guerra civile e i garbugli genetici di un malato terminale? Molto, anzi, moltissimo, considerando che l’unica occasione che l’uomo ha per salvarsi è ottenere un trapianto di midollo. E quando il medico scopre che i suoi genitori, gli unici donatori potenziali, non possono aiutarlo perché non sono i suoi veri genitori, ecco che tutto ciò che gli resta è scavare nel suo oscuro passato. Comincia così un viaggio febbrile per la sopravvivenza e la verità, tra scomodi testimoni, reticenze e volutissime dimenticanze, vecchie storie e archivi scomparsi.insensibles 1 bis

Possibile che di un film del genere in Italia non si sia accorto nessuno? Incredibile ma vero. Il regista è un esordiente, Juan Carlos Medina, che assolda professionisti di una bravura ineccepibile, e dirige come un maestro di consumata esperienza. La sua storia, scritta tra l’altro dal Luiso Berdejo di Rec, è tutta giostrata su continui flashback e richiami al passato: il paesucolo di bambini insensibili al dolore fisico e morale, il loro trasferimento di massa in un istituto per le malattie rare, dove vengono studiati e rieducati da un professore ebreo in fuga dalla Germania, il dottor Holzman (Derek de Lint), l’avanzata terribile dei franchisti e dei nazisti. È soprattutto sul piccolo Benigno (interpretato da due diversi attori, Ilias Stothart e mas Lemarquis, glaciale physique islandese quest’ultimo) che si focalizza l’attenzione di Medina: un ragazzino introverso, che opera un cane con la precisione di un chirurgo, ma che non esita a strapparsi le unghie per ammazzare il tempo. Sì, il film di Medina, come avrete capito, è di una crudezza perturbante, un horror vecchia scuola, per così dire, che non lesina in frattaglie e violenze di ogni genere, per fortuna propedeutiche a insaporire una sceneggiatura perfetta, lontana anni luce da tanto perbenismo americano, che censura, taglia, evita. Gli studi clinici cui vengono sottoposti i bambini sono a dir poco inquietanti: non solo (o non tanto) per le misure precauzionali prese dal personale dell’istituto, come le museruole che dovrebbero impedire gli ospiti di mangiarsi a vicenda, ma proprio per l’idea, non nuova ma qui sviluppata in modo sorprendentemente efficace, per cui l’innocenza del minore si possa volgere in pura, compiaciutissima crudeltà. I bambini sono tutti potenziali assassini, questo è l’assunto di fondo, anche se in fin dei conti aggrediscono senza cognizione di causa, si mutilano e torturano, si accecano fissando imbambolati il sole, e si stupiscono sfiorando le lacrime che rigano le guance di una giovane infermiera. Che la donna pianga per gioia o per dolore, è inutile che lo spieghi: i suoi attoniti sottoposti non lo potranno mai capire. E in questo sta forse la grande tragicità della pellicola.

insensibles 2Sembra che molto cinema iberico, forse sulla scia di un regista quale Guillermo del Toro, utilizzi l’orrore (della finzione) come metafora per meglio comprendere e superare gli orrori (documentati) della propria storia, dal sanguinosissimo conflitto fratricida al successivo consolidamento della dittatura fascista, tra l’altro (pochi giovani lo sanno) rimasta in vigore fino alla metà degli anni settanta. I demoni del film diventano specchio di quello scontro che ha lacerato l’animo degli spagnoli, e finiscono per rappresentare un’immagine allegorica, ma paradossalmente vitale, caustica e iperrealista dei tanti, troppi mostri partoriti dal proverbiale sonno della ragione. Il che dovrebbe essere di insegnamento per quegli spettatori che ancora oggi pensano che il cinema della paura non abbia nessun messaggio da comunicare.

Marco Marchetti

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close