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Kiss of the Damned

kiss of locaOltreconfine: i film che non ci fanno vedere

Kiss of the Damned

Regia: Xan Cassavetese. Sceneggiatura: Xan Cassavetes. Fotografia: Tobias Datum. Montaggio: Taylor Gianotas, John F. Lyons. Musica: Steven Haufsteter . Interpreti: Joséphine de La Baume, Milo Ventimiglia, Roxane Mesquida. Origine: USA. Durata: 97 min.

Immaginate la saga di Twilight, toglietene tutti gli attori fighetti, insaporite l’impasto con sangue e sesso in abbondanza, insomma fatene una versione per adulti e servitela su un piatto d’argento abbinato a un raffinato calice di rosso. Avrete la ricetta giusta per sopravvivere alla perfetta serata di pioggia. È una storia tutta carnale, quella inscenata da Xan Cassavetes, figlia di John, di fronte alla quale Stephenie Meyer si tingerebbe le mutande di marrone e che gli esegeti dei suoi romanzi non avrebbero l’ardire di affrontare. Primo perché i vampiri morsicano e scopano senza tanti preamboli (con uomini, con donne, tutto fa brodo…), secondo perché Kiss of the Damned, che sembra un film di Jess Franco solo per la locandina, presuppone una cultura cinematografica e musicale che la Meyer, a quanto sembra, non ha. È vero, rappresentare l’omicidio di una giovinetta sull’aria drammatica della Gioconda di Ponchielli potrebbe forse rivelarsi la furbata di chi tenta di atteggiarsi a regista modaiola e persino altezzosa; ma basta osservare le grandi, sontuose scenografie (neo)vittoriane, le ampie magioni, gli interni notturni e chissà come vagamente retrò, per comprendere come il modello di riferimento sia piuttosto quello di Terry Rodgers (foto a destra). terry rodgersVe lo ricordate Rodgers, quel pittore intento a effigiare la borghesia americana più capricciosa alle prese con orge gloriose e appartamenti di lusso? Bravissimi, proprio lui. La Cassavetes figlia è dannatamente brava a posizionare i corpi nel modo migliore, quei manichini vestiti come divinità (delle tenebre, però) che trascorrono l’eternità a cui sono condannati alla vacua ricerca del piacere, dell’amore o magari di un’umanità che, da molto, troppo tempo, paiono avere dimenticato. È allora il personaggio di Djuna (Joséphine de La Baume), innamoratasi follemente di Paolo (Milo Ventimiglia) e da questi follemente ricambiata, a rappresentare il cardine di una vicenda famigliare fatta di ripicche, cattiverie e rivalse gratuite. Roba alla Beautiful versione succhiasangue, per intenderci.

kiss of 2Tutta colpa della libertina Mimi (Roxane Mesquida) che, mentre la sorella Djuna contravviene alle regole del clan, vampirizzando l’amato, pensa di intavolare trasgressioni ancora più grandi, uccidendo coppie di scambisti che nottetempo invita nella sua villa di campagna. Sì, perché l’unico modo che hanno i vampiri per non farsi riconoscere, è bere sangue di animale e rinunciare del tutto a quello umano. Naturalmente con nostra grande gioia, prima di morire ai malcapitati spetta di norma una sana seduta di sesso (spesso di gruppo), durante la quale possiamo ammirare tutte quelle belle cose che di rado si scovano in un film di taglio mainstream.

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Una menzione speciale va a Djuna, che si eccita all’odore di un uomo, e che per evitare la trasformazione in una diabolica entità del male si fa da questi incatenare al letto, nella simulazione perversa di un gioco erotico. La tensione sessuale comunicata dal suo corpo è eccezionale, le membra che si piegano al desiderio, le zanne che le sbucano dalla bocca, e quel bel completo intimo che la fa apparire ancora più sexy di quanto la natura l’abbia fatta. Anche la Mesquida fa la sua bellissima figura, specialmente quando si veste provocatoriamente e si intrufola “a caccia” di uomini in una discoteca. A tratti sembra di “leggere” un romanzo di Brett Easton Ellis convertitosi al vampirismo, invece Kiss of the Damned altro non è che una bellissima e nerissima fiaba gotica incentrata sulla morte e sulla seduzione.

Marco Marchetti

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