RecensioniSlider

Motel

motel locaSuccedono cose brutte nei motel americani, soprattutto in quelli sperduti nel mezzo della campagna, bazzicati da personaggi al limite del grottesco, ruffiani della peggior specie e misteriose signore dalla parrucca blu; il cinema ce lo ha spiegato più volte nel corso della sua breve ma rocambolesca avventura, ci ha messi in guardia da questi posti di confine, ci ha avvisati che alla sera, soprattutto quando c’è la luna piena, è meglio starsene rintanati in casa propria, in compagnia di un libro o di un buon film. Era perciò evidente che soltanto un reietto della peggior specie, uno spietato assassino, un impietoso sicario della mafia come Jack (John Cusack) potesse avere abbastanza fegato da passare la notte nella famigerata camera numero tredici. Il motel cade a pezzi, il ragazzo della reception ha sviluppato un amore tanto morboso per la carrozzella di sua madre da fingersi paralizzato, d’improvviso sbuca un nano vestito da circo che chiede un fiammifero ai passanti. “Perché non hai un fiammifero con te?!”, domanda stupefatto quando Cusack si chiude nella sua stanza. Poi è il turno di un agente della polizia sotto mentite spoglie: “Mi scusi, sono passato per sapere se per caso può prestarmi un cavaturaccioli…”. Siamo nel più puro surrealismo alla David Lynch, corpi statuari che galleggiano nella tenebra nell’attesa di qualcosa che (non) succede, un’insegna rossa e blu lampeggia su una solitaria strada di provincia, un pappone dall’occhio piratesco gironzola incavolato alla ricerca della sua puttana. A tratti sembra di assistere a una libera interpretazione di Velluto blu.
motel1Tutto ruota attorno a una borsa (The Bag Man è infatti il titolo originale) che Jack ha sottratto a un tizio dopo averlo freddato e rinchiuso in un baule che continua a spalancarsi appena prende una buca… Il punto è che il nostro antieroe non può andarsene da questo motel maledetto perché il perfido mandante (Robert De Niro) gli ha espressamente comandato di non farlo. Così come gli ha comandato di non sbirciare nella borsa, per nessuna ragione al mondo. Ma la notte è lunga, e mentre Jack deve occuparsi di una spilungona (Rebecca Da Costa) che non sembra intenzionata ad andarsene, una masnada di burberi poliziotti capitanati da un occhialuto Dominic Purcell arriva a reclamare quella dannatissima valigia. Cosa ci sarà mai lì dentro di così importante?

motel 2Motel è piaciuto a ben poche persone, e ha avuto una distribuzione sul territorio nazionale francamente imbarazzante. Purtroppo l’appeal di un cast eccezionale non sempre riesce a competere con le esigenze di sperimentazione di un regista esordiente (David Grovic, che dirige il suo primo lungometraggio come un veterano della settima arte; che dire? Chapeu!), e pertanto il pubblico ha deciso di punirne gli sforzi con l’arma peggiore, l’indifferenza. Eppure Motel è molto probabilmente destinato a diventare un piccolo cult da home video, proprio come un’altra grande pellicola di simile ambientazione, Detour (1945) di Edgar Ulmer, è ormai entrata a pieno titolo in ogni manuale del genere. La storia del cinema è costellata di grandi film incompresi, e non ci sarebbe nulla di sorprendente se questo The Bag Man riuscisse a ritagliarsi una sua nicchia di tutto rispetto. Il punto di forza è proprio la solidità della regia, costruita con pazienza certosina, splendidamente fotografata, animata da personaggi che diventano essi stessi pezzi d’arredamento, frammenti di mobilia, fronzoli di un’architettura che comprende una vasta gamma di ambientazioni, dal motel alla centrale di polizia, dal bosco illuminato dal plenilunio alle sontuose ville hollywoodiane di De Niro.
motel3Certo non si può ridurre una pellicola alla sua regia, ai movimenti di macchina, alle atmosfere che traghettano il noir nell’onirismo a metà strada tra un Lynch o un Guy Maddin. Motel ha qualche piccolo difetto, come un finale pasticciato ma tutto sommato divertente, e il passaggio dal surrealismo al grandguignolesco, da Hopper (o Hooper?) a Tarantino, forse segue un’accelerazione troppo brusca. Sono peccatucci di poco conto, che nelle mani di un esordiente rimpiccioliscono fino quasi a scomparire, d’altronde doverosamente ridimensionati da alcune trovate pulp degne di un visionario: una scena di stupro quasi consumata nella prigione della contea, uno sbirro incarognito che si infila tra i denti le mutandine della bella Rebecca Da Costa, apprestandosi a sodomizzarla con un manganello; un nano malefico che piscia sulla testa del povero Jack, il finto paralitico Crispin Glover ammazzato a badilate e sommariamente seppellito nella notte. E il sangue, tanto sangue a deliziare il palato, pistolettate e sparatorie come da tradizione. La storia è spesso subordinata all’immagine, e l’immagine finisce con il fagocitare la storia fino a quando i confini tra le due forme di rappresentazione (narrazione e scelte visive) non si fanno assai labili. Se lo fa Lynch, tutti urlano al miracolo. Se lo fa David Grovic, gli spettatori si limitano a una frettolosa alzata di spalle, lamentandosi che “l’originale” è sempre preferibile alla copia. In realtà Motel non copia niente e nessuno, e non frulla nemmeno i generi per creare un prodotto postmoderno (frullare e postmoderno: due parole da abolire!), anche se è questa l’impressione che se ne potrebbe avere. Grovic segue una sua strada, fatta da intuizioni, alcune riuscite altre meno, idee stralunate e perversioni più suggerite che mostrate. Che cosa gli si potrebbe mai rimproverare?

Marco Marchetti

Motel

Regia: David Grovic. Sceneggiatura: David Grovic, Paul Conway. Fotografia: Steve Mason. Montaggio: Devin Maurer, Michael R. Miller. Musica: Tony Morales, Edward Rogers. Interpreti: John Cusak, Robert De Niro, Rebecca Da Costa, Crispin Glover, Dominic Purcell. Origine: USA. Anno: 2014. Durata: 108′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close