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Paradies: Glaube

paradies locaOltreconfine: i film che non ci fanno vedere

Paradies: Glaube

Regia: Ulrich Seidl. Sceneggiatura: Ulrich Seidl, Veronika Franz. Fotografia: Edward Lachman, Wolfgang Thaler. Montaggio: Christof Schertenleib. Interpreti: Maria Hofstätter, Nabil Saleh, Rene Rupnik, Natalya Baranova. Origine: Austria. Anno: 2013. Durata: 115 min.

Vi starete ancora chiedendo perché il secondo capitolo della trilogia “Paradiso” dell’austriaco Ulrich Seidl abbia subito una querela per vilipendio alle istituzioni religiose, altrimenti nota come denuncia per oscenità: un crimine morale che i più penseranno essersi estinto con quello altrettanto bizzarro di corruzione minorile, di cui fu reo Pasolini, e in epoca meno sospetta pure l’ex-presidente del consiglio. Allora guardate la locandina qui accanto, che ritrae Maria Hofstätter con le chiappe al vento e un grosso crocifisso che la scruta dal muro di fronte, e avrete la risposta. Sì, perché il vilipendio continua a sussistere, soltanto entro la cinta montana dell’arco alpino, cosa che almeno non ha impedito al bravissimo Seidl di vincere il Gran Premio della Giuria a Venezia 2012. Vittoria di Pirro, diranno i pessimisti, perché in effetti di Paradies: Glaube (cioè fede) da noi non si sente manco l’odore, sarà per la pruderie suscitata nel pubblico bigotto quando la succitata Hofstätter, cattolica ortodossa e oltranzista (nel film) si masturba con l’oggetto tanto venerato dai pretucoli di mezzo mondo. O scandalo, o vergogna! E in effetti è soltanto di questo che molta stampa ha parlato, perché la pellicola in realtà affronta tematiche molto più profonde di una, tutto sommato delicata, scena di onanismo.paradies 2 Per esempio, il modo in cui le religioni condizionano le nostre esistenze con dogmi non ancora debellati, e le conseguenze che l’osservanza delle regole produce sovente su quegli stessi sprovveduti che tentano di rispettarne i precetti.

È il caso di Anna Maria, infermiera, che approfitta di una settimana di vacanza per progettare un fantasioso programma di conversione porta a porta, sul modello dei testimoni di Geova: la nostra baldanzosa sorella in Cristo bussa alle porte dei peccatori, armata di null’altro che della propria fede e di una grossa statua della Madonna, e appena questi tentano di anteporre la logica alle sue farneticazioni religiose, ecco che la donna ne approfitta per aspergere le loro dimore di acqua santa, piazzare l’ingombrante icona al centro delle stanze e trascinare i malcapitati in lunghe e sterili discussioni sulle leggi bibliche. Ve la ricordate l’autostoppista tocca di Canicola? Ci siamo capiti. I problemi però cominciano quando un giorno Anna Maria torna a casa e si ritrova il marito islamico e paralitico, scappato tempo prima, che le chiede di ricominciare tutto daccapo. Lei lo odia, e non si può darle torto, perché l’uomo ha evidenti difficoltà nel distinguere le donne dai cammelli, ma il Signore ci ha insegnato ad accettare il castigo e la sofferenza come parti integranti di un percorso atto a saggiare la nostra fede.Paradies Glaube

Lo sguardo di Ulrich Seidl è impietoso come nelle altre due parti della sua trilogia, Liebe e Hoffnung: d’altronde è un regista che lavora per sottrazione, per ellissi, e che al rumore di un montaggio fracassone preferisce il minimalismo di una macchina dimenticata nel mezzo di una camera da letto o di un soggiorno. Una macchina che però riprende per inerzia, o forse per abitudine, la tragedia della quotidianità svolgersi nel suo ciclico conformismo. Ma forse è la premurosa naturalezza con cui Seidl raffigura i suoi personaggi ad avere scatenato le catilinarie dei fustigatori: c’è molto più amore nel culo di Maria Hofstätter, come nei corpi rigonfi e grassocci di alcuni scambisti nottetempo sorpresi al parco in una indaffarata partouze, che nelle formule glaciali con cui il gruppo di preghiera della fedelissima infermiera si rivolge al proprio imperscrutabile dio. O Dio, scritto con la maiuscola, visto che non è chiaro quale divinità gli esseri umani, così bisognosi di credere in qualcosa, stiano cercando.

Forse non lo sa nemmeno Anna Maria, che suonando campanelli come una venditrice di indulgenze preconfezionate, si imbatte in una umanità ancora più disperata di lei: una schizzata con problemi di alcol, una coppia di (ri)sposati che le tiene testa con la propria spavalda laicità, e il mitico Rene Rupnik (foto in basso),paradies glaube 1 vecchia conoscenza del regista e che già era stato protagonista di un altro documentario, Der Busenfreund (1997), di cui scrisse a suo tempo soltanto il sottoscritto. Lo sapevate che nel 2003 Seidl aveva diretto Jesus, Du Weisst? Si trattava di un film in cui il regista chiedeva ad alcuni fedeli a lui conterranei di pregare ad alta voce davanti all’obbiettivo della macchina da presa, rendendo edotto lo spettatore sull’entità delle loro richieste e dei loro problemi personali. Insomma, una specie di Grande Fratello ambientato in chiesa. Pensate che all’inizio della pellicola, gli intervistati rendono grazie al Signore per aver concesso loro questa grandiosa opportunità. Valli a capire, gli austriaci…

Marco Marchetti

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