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ROBERT DOISNEAU – La lente delle meraviglie

robert-doisneau1Partiamo da una constatazione: pochi artisti hanno saputo rappresentare con le loro opere un’epoca ed una città come è riuscito a fare Robert Doisneau. Fin dalla sua gioventù, negli anni Trenta, ha imperniato la propria attività sulla gente e sulle strade della capitale francese, non in modo didascalico, ma attraverso la lente dell’ironia e della gioia di vivere. Robert Doisneau è riuscito, più di chiunque altro, a raccontare per immagini la “pariginità”. Le sue fotografie hanno colto lo spirito di un’intera nazione e sono diventate sinonimo ed icona dello stile di vita francese. Nessuno come lui ha saputo raccontare il fascino della Ville Lumiere: Doisneau ha cristallizzato nelle sue immagini tutti i miti della Parigi del ‘ 900.
Attraversando la città dal centro fino alle periferie operaie, Doisneau ci ha raccontato la Parigi degli innamorati, quella dei bistrot, quella degli atelier di moda e quella dei bambini di strada, quella delle vecchie Halles con i suoi facchini e le sue prostitute, ci ha regalato un monumentale affresco di Parigi e dei parigini. E’ una città viva, la Parigi di Doisneau, una città proletaria che non ha ancora espulso i poveri dal “salotto buono” e che non è ancora del tutto imbalsamata negli stereotipi del turismo di massa: il Louvre, Notre Dame… La sua è anche, o soprattutto, la Parigi di Menilmontant, di Pigalle, delle Halles, è una Parigi operaia e commerciante, un popolo che fatica a vivere e che lo fa sorridendo. E’ la Parigi in bianco e nero che ancora oggi noi andiamo cercando, visitandola. Molti di voi avranno visto quello strano film di Woody Allen, Midnight in Paris: Gil, il protagonista, è talmente affascinato dalla Parigi degli anni Trenta da riuscire a riviverne alcuni momenti. Ecco, quando noi vediamo le foto di Doisneau entriamo, come Gil, in un’altra epoca, in un altro mondo.
robert-doisneau_la-lente-delle-meraviglieE se Robert Doisneau è Parigi, è pur vero il contrario, che Parigi stessa è Doisneau. Insieme ad Henry Cartier-Bresson, Doisneau è considerato uno dei padri fondatori del fotogiornalismo di strada, di quella che oggi si chiama “street photography” e fu uno degli esponenti di punta della corrente “umanista” della fotografia francese: al centro della sua fotografia c’è infatti l’uomo con le sue emozioni, spesso colte nei momenti surreali ed ironici che si presentano nella vita quotidiana. Doisneau adotta infatti un registro ironico e poetico allo stesso tempo ed i suoi soggetti più riusciti sono i bambini, gli innamorati, la gente comune, ritratti nei momenti di gioia e di divertimento, di tenerezza e di umanità. Egli stesso riassume la sua visione del mondo e della fotografia in questa frase: “Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere“.
La sua capacità di cogliere le emozioni gli deriva da un’immersione totale nella realtà che lo circonda, tanto che lui amava definirsi poeticamente un “pescatore di immagini”. Il suo processo è impulsivo, ecco come lo racconta lui stesso: “Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l’entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa “vedere” intensamente più di due ore al giorno“.
In realtà questa spontaneità era spesso solo apparente, più emotiva che reale. Molte sue foto sono infatti vere e proprie “ricostruzioni” di situazioni vissute. Ne è un esempio eclatante la sua foto più famosa, quella dei ragazzi che si baciano davanti all’Hotel de Ville. Nonostante le apparenze non è una foto “rubata” o improvvisata: in realtà Doisneau accompagnò i due ragazzi per tutto il giorno, fotografandoli in varie pose e in differenti situazioni. Questo non toglie nulla alla spontaneità delle sue foto, però, anzi spesso la collaborazione con i soggetti era fondamentale. Dice infatti il fotografo: “Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti. Mi trovo bene con la gente comune. Parliamo. Iniziamo a parlare del tempo e a poco a poco arriviamo alle cose importanti. Quando le fotografo non è come se fossi lì ad esaminarle con una lente di ingrandimento, come un osservatore freddo e scientifico. E’ una cosa molto fraterna, ed è bellissimo fare luce su quelle persone che non sono mai sotto i riflettori“.


Non era un fanatico della tecnica. “Il fotografo deve essere come carta assorbente, deve lasciarsi penetrare dal momento poetico. La sua tecnica dovrebbe essere come una funzione animale, deve agire automaticamente“. E con molta modestia diceva: “Se sapessi come si fa una buona fotografia, la farei ogni volta“.

 Ferdinando Giaquinto (Foto Club Varese)

ROBERT DOISNEAU – La lente delle meraviglie

Scenegiatura e regia: Clémentine Deroudille. Fotografia: Grégoire de Calignon. Montaggio: Marie Deroudille. Musiche: Eric Slabiak. Origine: Francia, 2016. Durata: 83′.

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