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Venezia 78: Atlantide, una Venezia mai vista

Atlantide è un’isola leggendaria, il cui mito è menzionato per la prima volta nel IV secolo a.C. da Platone: dopo le Colonne d’Ercole sarebbero esistite una serie di piccole isole nelle quali prosperava una potenza marittima denominata Atlantide che avrebbe conquistato anche molte parti del Mediterraneo dell’Europa occidentale fino all’Etruria a nord, e del nord Africa fino all’Egitto a sud, novemila anni prima del tempo di Solone (cioè approssimativamente nel 9600 a.C.).
Platone narra che ad Atlantide fiorisse una grandezza e una bellezza sconosciute altrove: fiumi, laghi, prati, templi, regge, porti e arsenali, e tutti vivevano nella giustizia e nella pace. Ma quando l’elemento divino in loro venne sopraffatto dal carattere umano, re e popoli divennero avidi di ingiusta potenza meritando il castigo di Zeus. Fu così che una loro spedizione di guerra nel Mediterraneo venne sconfitta dagli antichi Ateniesi. Successivamente, però, a causa di grandi terremoti e inondazioni, nel tempo di un giorno e di una notte, tutti i guerrieri ateniesi sprofondarono insieme dentro terra, e similmente scomparve l’isola Atlantide assorbita dal mare.

Questa digressione sul mito serve per comprendere la lunga e sorprendente parte finale di Altlantide in cui vediamo una città sotterranea sommersa dalle acque. L’Atlantide di Yuri Ancarani è ovviamente la Laguna veneziana, chiusa da molte isole ai margini della sontuosa città che sembra barricata al suo interno e attraversata solo da barche che trasportano turisti.
Atlantide è anche e soprattutto la terra di nessuno di una generazione di ventenni storditi da droghe e disillusioni. Questi ventenni sono i protagonisti del film, Ancarani si concentra soprattutto su Daniele, un giovane di Sant’Erasmo, un’isola della laguna di Venezia. Vive di espedienti, ed è emarginato anche dal gruppo dei suoi coetanei, i quali condividono un’intensa vita di svago, che si esprime nella religione del barchino: un culto incentrato sulla elaborazione di motori che trasformano i piccoli motoscafi lagunari in pericolosi bolidi da competizione. Anche Daniele sogna un barchino da record, che lo porti in testa alla classifica. Ma tutto ciò che fa per realizzare il suo sogno e guadagnarsi il rispetto degli altri finisce per rivoltarglisi contro, tragicamente.

Atlantide, presentato in Orizzonti, è il primo lungometraggio di Ancarani, regista e videoartista ravennate fino ad ora autore di cortometraggi e video-opere per esposizioni. Anche questo film, come i suoi precedenti lavori, è evidentemente nato senza sceneggiatura, gli attori sono davvero i ragazzi del posto, il regista li ha ripresi per quattro anni e i dialoghi sono rubati dalla loro vita reale, la parte narrativa è volutamente esile e si è sviluppata solamente in divenire durante gli anni di riprese. Lo sguardo di Ancarani è tutto su questi adolescenti mai narrati in un modo così intenso, i colori saturi delle luci dei barchini, la camera incollata ai corpi, i dialoghi frammentati, la vita che scorre, i dettagli minimali, la musica assordante, le sfumature di anime, il mare e i rumori stordenti si mescolano magnificamente in un’opera potentissima.
Ogni tanto sembra che Ancarani sia ancora troppo innamorato delle sue immagini per trovare un perfetto equilibrio fra la forza visiva e la potenza narrativa ma alla fine dei conti poco importa, la forza delle immagini e la vita che scorre in questo film superano ogni possibile dubbio. Atlantide ha davvero il pregio enorme di ricucire la bellezza senza tempo di Venezia con il vuoto del presente. Il degrado che intacca le relazioni, l’ambiente e le pratiche di una generazione giovanissima ma che sembra già destinata alla deriva.

da Venezia, Claudio Casazza

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