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Volevo nascondermi

In attesa della riapertura delle sale

Giorgio Diritti torna alla regia di un lungometraggio di finzione a sette anni di distanza da Un giorno devi andare. L’occasione è Volevo nascondermi, un film sulla vita e sull’arte di Antonio Ligabue, presentato in concorso alla Berlinale e poi pochissimo visto poiché uscito sfortunatamente al cinema nei primi giorni di pandemia.

Il regista emiliano racconta la storia di Ligabue seguendola sin dai primi anni della sua vita: Toni è il figlio di un emigrante italiano. Dopo la morte di sua madre, viene adottato da una coppia nella Svizzera tedesca. Ma i suoi disturbi fisici e mentali portano alla sua espulsione dal paese. Viene inviato in Italia contro la sua volontà, dove vive per anni in una misera povertà sulle rive del fiume Po, senza dimora fissa. Trova lavoro come lavoratore occasionale, ma rimane fedele alla sua grande passione per il disegno. “El Tudesc”, come lo chiama la gente, è un uomo solo, rachitico, brutto, sovente deriso e umiliato. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati gli dà la possibilità di esprimere il suo talento nella pittura, è lo scultore che lo convince a provare a dipingere, così inizia la sua strada verso la liberazione.

Giorgio Diritti vuole mostrare il lato oscuro dell’uomo Ligabue, un uomo ai margini che sente il bisogno di essere compreso e riconosciuto nella società. Diritti prova a mostrare il tormento dell’artista che cerca questo suo posto nella società ma non riesce a sopportarne le convenzioni: è nel rapporto tra ambienti chiusi (la casa che non riesce a sentire propria e ovviamente il manicomio che lo opprime) e l’aria aperta che il film si sviluppa e cerca di entrare nel mondo di Ligabue. Il pittore è con i bambini in mezzo alla strada o con le galline che si sente vivo, sono le corse in moto sotto i portici o nella campagna che lo fanno viaggiare con la fantasia. È interessante in questo il discorso sul “paesaggio soggettivo” di Ligabue: le sue visioni, le tigri, i gorilla, i giaguari e i suoi autoritratti sono allo stesso tempo inquieti, orribili ma infantili per la superficiale concezione dell’arte del periodo.
Con Volevo nascondermi, Diritti pone così di nuovo in campo il conflitto tra il singolo e la collettività, tema caro anche nei suoi film precedenti, già nell’esordio Il vento fa il suo giro ma anche nell’ultimo lavoro; ma questa volta è indeciso su quale strada veramente scegliere: infatti il film inizia alternando infanzia, adolescenza e età adulta, questo cambiare continuamente i piani narrativi dimostra anche l’indecisione di Diritti nel raccontare una storia che alterna follia, creatività e affresco contadino. Una storia che a un certo punto si ferma, manca di quello sviluppo narrativo necessario per raccontare la vita di un artista eccezionale, un solitario rivoluzionario nell’arte moderna.

Il film risulta incompiuto proprio nella forma, da una parte sovraccarico ma allo stesso tempo piatto e a tratti illustrativo, non riesce davvero a farci entrare nella testa di Ligabue e di conseguenza non riesce a raccontarci la sua anima inquieta. Elio Germano, premio come migliore attore alla Berlinale, è comunque bravo nel restituirci un ritratto estremo di Ligabue, anche nei sui comportamenti animaleschi che sfiorano la caricatura. Ne esce perciò un film che a tratti è un biopic emozionante ma senza quella decisione nello sguardo che avrebbe dato al film un senso più compiuto.

Claudio Casazza

Volevo nascondermi

Regia: Giorgio Diritti. Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pedroni, Fredo Valla. Fotografia: Matteo Cocco. Montaggio: Paolo Cottignola, Giorgio Diritti. Musiche: Marco Biscarini. Interpreti: Elio Germano, Oliver Ewy, Pietro Traldi, Orietta Notari, Paola Lavini, Andrea Gherpelli, Francesca Manfredini. Origine: Italia, 2020. Durata: 120′.

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