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Aquarius

aquariusClara (Sonia Braga) è una quasi settantenne che vive in un appartamento nella residenza denominata Aquarius, storico edificio che si affaccia sul lungomare di Avenida Boa Viagem nella città brasiliana di Recife. Ex critico musicale, vedova con tre figli grandi, tutti più o meno sistemati, Clara vive, tra centinaia di dischi e libri, una terza età libera e indipendente. Quando una società immobiliare, che ha acquistato tutti gli appartamenti di Aquarius, offre una grossa cifra a Clara per liberare l’ultima abitazione e riprogettare l’intera area, la donna, caparbiamente, si rifiuta, difendendo il suo diritto a rimanere in quello che considera un luogo di intime memorie. Si scatena una guerra psicologica che mette alla prova Clara e la sua famiglia.

In Brasile Aquarius ha diviso parecchio la critica, dopo la presentazione a Cannes nel 2016. Poi un inaspettato successo in sala per un film che è un manifesto della libertà femminile e un invito a preservare il passato. La resistenza di Donna Clara, interpretata da una magnifica Sonia Braga finalmente restituita al cinema, racconta di un conflitto in corso tra vecchie e nuove aquarius_filmgenerazioni, l’urgenza di non cedere a quell’idea di crescita ad ogni costo che sta impoverendo la cultura e le relazioni umane e che – come dichiara il regista – “è la rovina del mondo”. Clara difende la sua libertà di fronte ai subdoli servitori di questo progresso irrispettoso, cieco, ottuso. Osceno. A viso aperto piega la retorica preconfezionata di un giovane rampante imprenditore che vanta una formazione negli Stati Uniti, mentre per Clara ciò che conta è l’educazione all’onestà.
In uno dei momenti più intensi del film, la donna deve difendere le proprie ragioni addirittura al cospetto dei tre figli, che la vorrebbero piegata agli speculatori, preoccupati delle continue intimidazioni (escrementi davanti alla porta di casa, orge al piano di sopra). Invece Clara riafferma una personalità d’altri tempi, sfoggia una tempra robusta, si rifugia nei suoi dischi e non teme Golia, nemmeno quando capisce che il gigante è spalleggiato dalla politica.
Clara, rappresentante della sinistra intellettuale brasiliana, frutto di una famiglia unita e liberale – come si evince dalla prima parte del film, quando la donna, negli anni 70, ha appena vinto una battaglia contro il tumore – ha la forza di chi l’arte della “guerra” ce l’ha nel sangue. Ogni suo gesto, la libertà con cui si muove a casa e con cui esibisce la sua bellezza non ancora sfiorita, la sicurezza con cui gestisce le relazioni (anche il sesso), confermano la statura del suo carattere.
E, a proposito della prima parte del film (che è diviso in tre capitoli), l’inizio è davvero folgorante. La libertà espressiva di Kleber Mendonça Filho, al suo secondo lungometraggio, ricrea gli anni 70 più vitali visti al cinema negli ultimi anni. Non c’è solo Clara trentenne, ma il marito, i suoi figlioletti, i parenti stessi e una Donna Lucia di cui si festeggiano i settantanni, altra donna magnifica, che due sorprendenti flash-back ci descrivono come emancipata e libera sessualmente, una sorta di guida spirituale per Clara, che quarant’anni dopo ne incarna le qualità migliori.


Nuoce forse al film la lunghezza eccessiva, un calo di ritmo della parte centrale, una regia che, seppur fedele a un’intenzione creativa e fuori dagli schemi, a volte non è abbastanza empatica con il suo personaggio. Ma Sonia Braga basta e avanza anche nei momenti meno felici, incarnando lo spirito guerriero di chi è ancora capace di cercare ragioni nei comportamenti degli individui e di porsi criticamente di fronte alle trasformazioni del mondo.
Una nota conclusiva va alla colonna sonora. I dischi suonati da Clara impreziosiscono un film che comunque merita di essere visto.

Vera Mandusich

Aquarius

Sceneggiatura e regia: Kleber Mendonça Filho. Fotografia: Pedro Sotero, Fabricio Tadeu. Montaggio: Eduardo Serrano. Interpreti: Sonia Braga, Irandhir Santos, Maeve Jinkings, Carla Ribas, Julia Bernat. Origine: Brasile/Francia, 2016. Durata: 140′.

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