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Io sono il Signore Dio tuo: l’Apocalisse di Kieslowski

Apocalisse mancata? Forse sì, forse no, forse verrà domani, forse mai, forse la stiamo lentamente vivendo. Ma il punto è: chi ha veramente creduto di poterla prevedere, di poterne calcolare l’arrivo con tanta e tale precisione? L’Apocalisse, per definizione, che abbia la forma di un allineamento planetario o di un meteorite, di un terremoto o di una più generica “catastrofe”, non avvisa, sorprende. È evento divino, nel senso più ampio del termine, e, per quanto i nostri calcoli possano essere sofisticati e precisi, resta imperscrutabile. Krzysztof Kieslowski, nel Decalogo 1, ci parla proprio di questo, e ci racconta l’apocalisse personale di un uomo cui la vita insegna, a caro prezzo, a non fidarsi troppo dell’uomo, delle sue misurazioni, della potenza di un computer. «C’è chi crede nell’anima per vivere meglio» risponde il padre, Krzysztof, al figlio che gli fa domande sulla morte. E fino all’ultimo Krzysztof lotta contro l’impossibile: anche davanti all’evidente scomparsa del bambino, anche davanti al fatto che il lago ghiacciato ha ceduto, Krzysztof non crede, perché i suoi calcoli non possono sbagliare. Ma alla fine lo stesso Krzysztof, lo stesso che ha inventato un programma perché il figlio possa sapere, in ogni momento della giornata, cosa sta facendo la madre, lo stesso che sa per certo che il ghiaccio non si romperà, che è impossibile che si rompa, si arrende alla forza di questo impossibile, e il suo ingresso in chiesa, la sua violenta disperazione, è proprio il segno della sua resa. Quella lotta tra indubitabile certezza matematica e trascendenza divina, tra Krzysztof e la sorella Irena, che accompagna lo svolgersi dell’intera vicenda, trova soluzione solo nel dramma, e chi non credeva è costretto a credere, mentre chi credeva, forse, non crede più. Il Dio di Kieslowski non è certo il Dio buono di Irena, il Dio che “vuol bene”, ma è un Dio che uccide e distrugge, il cui volere è assoluto e assolutamente incomprensibile. “Io sono il signore Dio tuo” recita il primo comandamento, e in quanto tale, la mia volontà è legge, nel bene e nel male. E questo Dio è in fondo la vita stessa, nient’altro che il mistero della vita, il fato oscuro e imprevedibile, davanti al quale, alla fine, possiamo soltanto arrenderci. Meglio rinunciare allora a calcolare, a prevedere, a misurare ciò che misurabile non è: la fine arriva senza spiegazione, senza motivo, in mille modi, con mille volti, troppo spesso silenziosa, quasi invisibile. Ogni giorno qualcuno, o forse ciascuno di noi, vive la propria apocalisse. Semplicemente, c’è chi se ne rende conto e chi no.

Monica Cristini

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