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Legend

legend2Tratto dalla vera storia dei fratelli Kray, due feroci gangster che insanguinarono la Londra degli anni cinquanta e sessanta, Legend è innanzitutto un’ottima rivisitazione in costume del periodo. Case in mattone, di una sobrietà tipicamente inglese, colorate di grigio, marroncino e tutte quelle tonalità che si trovano su nel settentrione; macchine d’epoca, completi impeccabili, locali dal gusto retrò forse anche per le decadi nelle quali gli eventi trovano collocazione. Il regista è Brian Helgeland, americano di origine norvegese, che viene dal mondo delle sceneggiature (sue quelle di Mystic River, Green Grass, The Bourne Supremacy…) e che di tanto in tanto non disdegna il passaggio dietro alla macchina da presa. Dal punto di vista formale, il suo film è tanto equilibrato quanto i paludamenti con i quali veste e riveste i suoi attori; anzi, il suo attore, Tom Hardy, qui nelllegend1a doppia parte di Reginald e del suo gemello schizofrenico paranoide Ronald. Niente piegature, nessuna sbavatura ai margini, l’inchiostro della scrittura scorre dritto e preciso, arricciolato quando serve, disteso come la grafia di un’esteta della penna.
Forse il limite della pellicola è proprio questo eccesso di zelo, questo precisionismo un po’ certosino che in fin dei conti altro non fa che riproporci un tema visto e rivisto, usato e abusato forse già a partire dagli anni quaranta. Legend è un noir vecchia scuola, soltanto a colori, che, ridottane la storia ai minimi termini, potremmo ascrivere alla categoria dei molteplici The Rise and Fall of… (che guarda caso è pure il titolo del romanzo di John Pearson da cui è tratto). Due gangster, complementari ma in costante opposizione, l’uno equilibrato negli affari e accattivante sul piano sociale, l’altro esule dal manicomio, occhialuto, rissoso, pronto a spaccare la testa del prossimo a martellate. C’è anche la femme fatale che tanto fatale non è. Emily Browning sembra piuttosto la mogliettina perfetta, troppo bella, troppo tollerante, troppo tutto…

Certo Brian Helgeland, che giustamente ne firma anche la sceneggiatura, fa le cose con il cervello, dosa al punto giusto, pulisce, intaglia, lavora, e a tratti pare di vedere la versione inglese, più educata, di Gangster Squad: la violenza non manca, il sentimento neppure, ma comunque è tutto troppo superficiale. Non è un difetto, per carità, è una questione di stile, e lo stile, purché coerente con se stesso e con le proprie premesse, lo si rispetta per principio. Insomma, film bello, raffinato, pittoresco come una città del Nord Europa, però non più bello del trailer qui sopra con tanto di colonna sonora di Roy Orbison. Curiosità: esisteva già una prima versione cinematografica della vita di questi due criminali. Si tratta di un film di Peter Medak, The Krays – I corvi, del 1990, e che annoverava tra gli attori Gary e Martin Kemp degli Spandau Ballet.

Marco Marchetti

Legend

Soggetto: John Pearson. Regia e sceneggiatura: Brian Helgeland. Fotografia: Dick Pope. Montaggio: Peter McNulty. Musica: Carter Burwell. Interpreti: Tom Hardy, Emily Browning, Paul Bettany, Christopher Eccleston. Origine: UK, 2015. Durata: 131′.

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