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Patria

Quanti anni bisogna avere per comprendere appieno Patria, ultimo lavoro di Felice Farina? Confesso che a tratti il film mi ha respinta o rinviata ad aggiornare i link con la storia italiana degli ultimi quarant’anni o, perlomeno, con le tracce di questa storia lasciate dalle immagini di archivio che costituiscono il corpo ideologico di Patria.
Ispirato dal libro omonimo di Enrico Deaglio, la vicenda di Salvo Borgna (Francesco Pannofino), operaio in odore di licenziamento che decide di salire gabardini-pannofino-citranin cima alla canna fumaria della fabbrica in cui lavora, seguito dal sindacalista Giorgio Bettenello (Roberto Citran) e, a ruota, dal dipendente mezzo cieco Luca Ottolenghi (Carlo Gabardini), sembra costruita per incorniciare le schegge di storia italiana provenienti dalle teche Rai, dall’archivio del Centro Sperimentale di Cinematografia, dall’archivio audiovisivo del Movimento Operaio, quello delle Lotte Fiat Pietro Perotti, dalla Filmoteca Regionale Siciliana, dalle Ferrovie dello Stato, da tante testate giornalistiche. Un magma di materiale audiovisivo che si muove tra i segmenti di fiction, costruendo con questi una relazione non sempre chiara, ma sicuramente densa di suggestioni. Farina riesce abilmente a non trasformare il racconto in un mero contenitore, attraverso la tensione della dialettica tra Salvo (berlusconiano della prima ora, posizionato a destra) e Giorgio (esponente sindacale incline al compromesso con un passato comunista), ma anche sviluppando un’idea estetica che trasforma la torre con i tre camini nell’incarnazione della fabbrica pericolante, centro di una geografia del mondo operaio in liquidazione (Torino, il Piemonte).
L’incipit dichiara senza troppi preamboli la disfatta degli ultimi operai di una fabbrica come tante altre, schiantati dalla dislocazione della produzione. Poche battute di dialogo, riferimenti a dinamiche ormai conosciute, la corsa di Salvo che di pancia decide di occupare la torre. Il suo è un copro che già sente le vertigini dell’altezza e quasi ci lascia le penne (ottima la regia di Farina nel farci sentire il vuoto tra terra bocca del camino). In bilico l’operaio è salvato da Giorgio (chiara metafora della contrattazione sindacale). Il faccia a faccia produce uno scontro dalle polveri bagnate. Difficile che porti la protesta a un movimento di piazza o, al limite, che riesca a interessare la televisione (due giornalisti di Rai 3, ce la mettono tutta per trovare eccezionalità nelle ragioni di 82-pannofinoSalvo). L’operaio è solo e per di più senza argomenti, esponente dell’ultima generazione di operai che non hanno mai fatto “classe”, avvinti dalle prospettive del berlusconismo in Sicilia (e ripensiamo a Belluscone di Maresco). Quando il duo diventa un trio, con l’arrivo inaspettato di Luca, guardiano ipovedente – forse autistico – ma con una memoria storica strepitosa (pur essendo nato nel ’78), il quadro si fa grottesco e quindi spietato. La macchina da presa vola alta nella notte torinese accompagnata da una colonna sonora straordinaria (musica e suoni), accentuando il senso di spaesamento e solitudine di Salvo e Giorgio, che finisce per solidarizzare con l’operaio.
Il mattino è alle porte, l’alba di un nuovo giorno non ha nulla di eroico. I giochi sono fatti, anzi si son fatti molto tempo fa. Basta rovesciare gli archivi per capire quanto la forza lavoro sia stata penalizzata da decenni di mal governo, di trattative Stato-mafia, di connivenze quindi, nonostante i maxi processi, le tangentopoli, le cadute delle repubbliche, il calcio. Sì, anche il calcio e i consolatori mondiali del 1982. Al contrario di ciò che fa la Guzzanti con La trattativa, Farina, tra finzione e documentario, non spiega, non collega, non fornisce didascalie (se non sui titoli di coda), perché non fa inchiesta o denuncia; si rivolge invece (e questo è il grosso limite del film) a un pubblico che già conosce i fatti, i tradimenti vergognosi della patria e la stagione stragista, i protagonisti di un’epoca che forse non è finita. Può sembrare un film a tesi e forse lo è, ma nel senso che la tesi è lì, già dimostrata.

Vera Mandusich

Patria

Regia: Felice Farina. Fotografia: Roberto Cimatti. Montaggio: Esmeralda Calabria. Musiche: Valerio Faggioni. Interpreti: Francesco Pannofino, Roberto Citran, Carlo Gabardini. Origine: Italia, 2014. Durata: 87′.

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