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Cannes 78: dalla Quinzaine il film di Campillo

La 57° Quinzaine des cinéastes del Festival di Cannes si è aperta con la consegna della Carrosse d’or al regista americano Todd Haynes, che ha tenuto una masterclass sul suo cinema. A seguire la proiezione di Enzo di Robin Campillo, che ha portato a termine un progetto che il compianto Laurent Cantet (Palma d’oro 2008 per La classe) non ha fatto in tempo a completare.
È l’inizio dell’estate in Provenza, la scuola sta finendo e i muratori dei cantieri sentono il caldo. Qui il timido sedicenne Enzo ha iniziato l’apprendistato, ma non sembra a suo agio né con gli attrezzi né con i colleghi più adulti. Così il capocantiere Corelli, preoccupato per lui, prende in mano la situazione e lo accompagna a casa, scoprendo che si tratta di una villa con piscina. Qui il ragazzo vive con i genitori, padre professore e madre ingegnere, e il fratello maggiore Victor, studente liceale che sta preparando l’esame finale. Enzo spiega di aver compiuto quella scelta consapevolmente, di non essere intenzionato a continuare gli studi. I genitori vorrebbero spingerlo a un impiego borghese, ma l’adolescente esprime anche in questo una sorta di ribellione silenziosa. All’invito a iscriversi a una scuola d’arte per sfruttare la sua abilità nel disegno, risponde di non sentirsi artista. Sul cantiere il giovanissimo lega soprattutto con due ucraini, Vlad e Miroslav, che spesso discutono tra loro sull’eventualità di tornare nel loro Paese per combattere. Così anche Enzo comincia a informarsi sulla guerra in corso, a guardare video, a provare partecipazione per le vittime.
Il regista di 120 battiti al minuto, su diversi lavori montatore e cosceneggiatore di Cantet, mantiene l’ossatura dei temi che stavano a cuore al collega scomparso, il lavoro e i giovani soprattutto, aggiungendo le dinamiche di genere a lui care. Enzo è un ragazzo dalle idee magari un po’ confuse ma diverso dalla maggioranza dei suoi coetanei, poco interessato ai social, alle comodità e all’apparenza: pur non abituato alla fatica, non si tira indietro e cerca la vita reale.
Campillo (e Cantet) rimandano direttamente al capolavoro Toni (1935) di Jean Renoir, per i cantieri, la Provenza, il nome proprio nel titolo e l’immigrazione (il padre è italiano ed è interpretato da un Pierfrancesco Favino molto bravo in sottrazione). Altro rimando cinefilo l’ambientazione a La Ciotat e dintorni, mostrando pure il liceo Louis e Auguste Lumiere. Il limite del film sta nell’ultima parte, in un susseguirsi rapido di eventi da un lato telefonati e dall’altro improbabili.

da Cannes, Nicola Falcinella

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