Cannes 2025Slideshow

Cannes 78: trionfa Jafar Panahi

Il regista iraniano con la Palma d'oro completa il suo Grande Slam

Se esistesse un Grande Slam del cinema, l’avrebbe completato Jafar Panahi, il secondo a riuscirci dopo Michelangelo Antonioni. Il regista iraniano, perseguitato e a lungo incarcerato dal regime del suo Paese, ha vinto la Palma d’oro del 78° Festival di Cannes con Un simple accident. Un trionfo che segue le vittorie di Locarno (Lo specchio nel 1997), Venezia (Il cerchio nel 1999) e Berlino (Taxi Teheran nel 2015), i maggiori e più storici tra i festival. Altre volte il cineasta aveva ottenuto riconoscimenti e in tante occasioni dimostrazioni di affetto e vicinanza da parte delle rassegne, quando era stato richiuso o gli era stato tolto il passaporto per lasciare l’Iran.
Nel suo breve discorso sul palco, dopo i ringraziamenti, Panahi si è rivolto ai suoi connazionali: “Vi chiedo di mettere le differenze da parte, perché la cosa più importante sono il nostro Paese e la libertà del nostro Paese. Arriviamo a fare in modo che nessuno ci dica cosa indossare, cosa dire e cosa possiamo fare”.
Parole semplici e decise che vanno al nocciolo della questione di uno Stato ridotto a un carcere, come il suo bel film afferma con forza. Un uomo rapisce colui che ritiene il suo persecutore in prigione e sta per seppellirlo vivo: non sicuro di averlo riconosciuto, contatta altri ex detenuti per confermarne l’identità, alla ricerca di una giustizia impossibile.

Emozionato, il regista ha ritirato il premio dalle mani di Cate Blanchett e della presidente di giuria Juliette Binoche, che ha compiuto scelte nette e con una loro logica, anche se naturalmente, tra i 22 ci sono grandi esclusi. In particolare il durissimo e lucido ucraino Two Prosecutors di Sergei Loznitsa e il cinefilo Nouvelle vague di Richard Linklater, un dietro le quinte del mitico Fino all’ultimo respiro.
Senza premi, ma era nell’aria, anche l’Italia con il pur buono Fuori di Mario Martone, che è stato apprezzato all’estero soprattutto per le prove delle interpreti Valeria Golino, Matilda De Angelis ed Elodie.

La vittoria di Panahi è in linea con le previsioni degli ultimi giorni, anche se il norvegese Sentimental Value di Joachim Trier è stato un forte contendente e ha ricevuto il Grand Prix, il secondo per importanza. Dopo l’Orso d’oro di Berlino con Dreams (Sex Love) di Dag Johan Haugerud, la Novergia è andata vicino alla doppietta con una coinvolgente commedia drammatica che parla di famiglie, rapporti tra padri e figlie, delle case che si abitano, del passato e del recitare. Il regista de La persona peggiore del mondo si conferma anche grazie alle grandi interpretazioni di Renate Reinsve, Stellan Skargard ed Elle Fanning.

Meritati pure il Premio per la sceneggiatura e il Premio della giuria ecumenica a Jeunes mères di Jean-Pierre e Luc Dardenne. I fratelli belgi di Rosetta, già due Palme d’oro e tanti riconoscimenti in bacheca, si erano distinti venerdì per un lungo e commosso abbraccio proprio con Panahi. È la storia di cinque giovani madri, raccontata con il loro stile unico, con la macchina a mano che non lascia mai le ragazze tra dolori, dilemmi e gioie: le novità rispetto ai film precedenti sono la coralità e l’happy end.

The Secret Agent di Kleber Mendonça Filho

Doppio riconoscimento per il brasiliano O agente secreto – The Secret Agent di Kleber Mendonça Filho, miglior regista e miglior attore il protagonista Wagner Moura. Il cineasta già noto per Aquarius ha ricevuto pure il Premio Fipresci della stampa con il racconto di un uomo alla ricerca dell’identità della madre durante la dittatura, un film che fa il paio con Io sono ancora qui di Walter Salles.
Una rivelazione del concorso è stata lo spagnolo Sirat di Oliver Laxe, film letteralmente esplosivo e dirompente, che ha avuto il Prix du jury a pari merito con il modesto tedesco Sound of Falling di Mascha Schilinski.
Il premio per la migliore attrice è stato l’unica vera sorpresa del palmarès, assegnato alla francese Nadia Melliti protagonista de La petite dernière dell’attrice e regista Hafsia Herzi, mentre è rimasta fuori la bravissima Léa Drucker del francese Dossier 137 di Dominik Moll.

La giuria ha poi introdotto un Premio speciale per Resurrection del cinese Bi Gan. Il regista orientale, che si era fatto conoscere con il prodigioso Kali Blues (2015), ha costruito un omaggio al cinema e una storia della Cina recente tra vampiri, mostri e fantasmi, tra albe magnifiche e virtuosismi.
C’è attenzione al cinema lontano e che si vede poco sui nostri schermi anche nell’assegnazione della Caméra d’or, il premio per la migliore opera prima, all’iracheno The President’s Cake di Hasan Hadi, già premio del pubblico della sezione Quinzaine des cinéastes, con menzione speciale al potente nigeriano My Father’s Shadow di Akinola Davies jr, un’altra delle belle scoperte della 78° edizione.
Infine per i cortometraggi Palma d’oro a I’m Glad You’re Dead Now dell’israelo-palestinese Tawfeek Barhom e menzione ad Ali del bengalese Adnan al Rajeev.

da Cannes, Nicola Falcinella

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close